Post by Marcus on May 8, 2013 20:28:03 GMT 1
segnalo questo bel racconto...perchè secondo me nessun video riesce a descrivere meglio questa montagna
"Andare sull’Everest , in teoria , sarebbe una lunghissima passeggiata con dodici metri di arrampicata non difficile , quasi alla fine . Se non fosse che a 8848 metri , è già doloroso stare seduti a respirare .
La natura lassù è immensa , terribilmente dura e completamente indifferente .
Dopo i 7600 metri inizia la cosiddetta “zona della morte” , perchè chiunque , anche il più esperto scalatore , può morire per un qualsiasi evento . Un edema cerebrale o polmonare , una caduta , una frana di ghiaccio e pietre , un improvviso cambio del tempo .
Si dice che scalare l’Everest è innanzitutto una questione di resistenza al dolore . Al campo base (5300mt) si arriva già stremati , tormentati dal mal di testa e dalla tosse . Si dorme poco e male , si mangia poco e si vomita spesso . La pelle si screpola e sanguina . Ogni movimento costa enorme sforzo . E non si è ancora incominciato , perchè la vetta è lassù , 3500 metri sopra la tua tenda .
L’Everest o Sagarmatha (Dea del Cielo) è una montagna imponente e scura fra il sud della Cina e il Nepal . L’assenza di difficoltà tecniche nella salita fa sì che negli ultimi 30 anni circa 4000 persone siano salite in vetta . Però 300 non sono tornate . Buona parte sono rimaste là , in vista , monumenti di se stessi . Salendo , già dai 6000 metri si passa accanto a corpi pietrificati dal gelo , a volte interi , che per esplicita volontà dei parenti vengono lasciati sulla montagna . E in ogni caso , riportare un corpo a valle è un impegno gravoso e rischioso .
Per salire sull’Everest ci vogliono due mesi e 70mila dollari . Tanto si deve a una delle varie organizzazioni alle quali ci si affida . Il Capo spedizione è sempre uno scalatore esperto e carismatico che ha potere e responsabilità totali . Può persino succedere che a pochi metri dalla vetta dia ordine di tornare indietro . Esagerazione ? No . Lassù , pur con l’Ossigeno , ogni passo richiede una sosta , e il tempo è sempre terribilmente poco . Se non si raggiunge la vetta entro mezzogiorno o al massimo l’una , si rischia durante la discesa di incappare in una delle frequenti tormente pomeridiane ad una quota troppo esposta . Significa trovarsi in mezzo ad una tempesta con vento a oltre 100 Kmh , temperature a meno 30 , visibilità azzerata e un frastuono come avere un treno sopra la testa . Con il rischio di perdere il sentiero e i compagni e precipitare giù da strapiombi di 3000 metri . La quasi totalità delle tragedie succedono durante la discesa .
Gli Sherpa sono le figure più importanti . Indigeni amanti della loro dura terra , pagati 2-3000 Dollari per due mesi in un paese dove il reddito medio è 200 Dollari l’anno . Gli Sherpa scalatori , l’elite , accompagnano in vetta i clienti , spesso portandoli di peso , spesso salvandoli dalla morte . Spesso lasciandoci la pelle . Gli Sherpa portatori si caricano sulle spalle pesi enormi e li portano in alto , senza ossigeno , allestendo i campi , sistemando le corde , portando le bombole di Ossigeno per le Guide e i clienti .
L’avventura inizia all’aeroporto di Kathmandu . Una volta , da lì si marciava per 60 giorni . Ora c’è un elicottero che porta a Lukla (2860mt) , nel territorio del ghiacciaio del Khumbu , una immensa distesa di ghiaccio e rocce . Territori poverissimi , senza strade , senza coltivazioni , senza niente , dove l’avvento del Turismo sull’Everest ha portato un rigagnolo di benessere e un fiume di danno ecologico .
Da Lukla al Campo Base (5300mt) si cammina lentamente per una settimana fra boschi e paesaggi incantevoli , pernottando in locande spartane , sporche , spesso tanto affollate da rendere ben presto impraticabili le poche latrine esterne . La legna è scarsa e preziosa e l’unica stufa centrale viene alimentata con sterco essiccato di yak . Ma l’ossigeno è già troppo scarso per fare una buona fiamma , e il freddo , unitamente alla scarsa igiene personale accompagneranno tutti i giorni a venire .
Il periodo migliore per tentare l’ascesa è l’inizio di Maggio , prima dei monsoni .
Il Campo Base è una distesa di tende saldamente ancorate al suolo . Intorno , muri di roccia e distese di rifiuti e bombole vuote . C’è una tenda per l’assistenza sanitaria e una per le comunicazioni .
Sopra il Campo Base ci sono quattro campi . L’ultimo è a 7900mt . Al Campo Base si trascorre un mese per acclimatarsi , con escursioni ai campi superiori per abituare l’organismo . Non ci si allena , si cerca solo di abituarsi . Dopo , al Campo 4 , ci saranno solo due o tre giorni per aspettare la giornata ideale per tentare l’ascesa finale . Dopo , l’organismo si deteriora in modo irreversibile e bisogna scendere .
Dal Campo Base al Campo 1 si attraversa un mare di cubetti di ghiaccio grandi come case , aiutandosi con corde e scalette di alluminio precedentemente sistemate . Il rischio di cadere in un crepaccio o di rimanere sotto qualche tonnellata di ghiaccio è presente . Si cammina svelti , sperando che non succeda . Si marcia all’alba , quando la temperatura è rigida e il ghiaccio solido , ma lo schiocco del ghiaccio che si rompe tutto intorno e sotto i piedi mette paura .
Per arrivare al Campo 2 si attraversa la morena del Cwm . E’ in lieve pendenza e quando batte il sole fa addirittura caldo . Il buonumore svanisce alla vista dei primi cadaveri sul percorso .
Per arrivare al Campo 3 (7300mt) si sale in diagonale per una parete inclinata di ghiaccio , con l’aiuto delle corde . Se il tempo non è buono si torna indietro più velocemente possibile . Vento , freddo e mal di montagna ora sono pericoli mortali . L’edema cerebrale è un pericolo concreto . Insorge silenziosamente , senza preavviso . Le facoltà mentali e motorie si deteriorano rapidamente . Si sbagliano i movimenti come un ubriaco . Non si riesce a pensare nè a parlare . Si va in coma . Se qualcuno non ti trascina giù in basso rapidamente , muori e diventi un’altra delle tante statue congelate vestite con colori sgargianti che hai fatto finta di non vedere , salendo .
Al Campo 4 la via si fa stretta e tutte le spedizioni si affollano per salire , nell’unico periodo dell’anno possibile . Si formano ingorghi di persone come in città . Nei punti difficili spesso bisogna aspettare anche mezz’ora prima di poter salire . A volte qualcuno si blocca a metà , sfinito e con la mente annebbiata . Se uno Sherpa è vicino , lo cinge e lo tira su di peso . Le Guide e gli Sherpa potrebbero salire anche senza bombole ma in tale caso non avrebbero energie sufficienti per soccorrere i clienti in difficoltà .
Ogni bombola pesa tre chili e dura 6 ore . Se ne usano due per salire e una per la discesa . Respirare dentro la maschera è soffocante . Senza , è impossibile .
L’ascesa finale inizia a mezzanotte o anche prima . Si sale al buio , con la lampada frontale . Novecento metri in verticale da fare entro 12 – 15 ore . Se a mezzogiorno non si inizia la discesa , il rischio di incidenti è elevato , e alle sei del pomeriggio il buio è totale .
Si sale per una sottile cresta innevata , con ai lati due ripidi precipizi . Quello a destra è una parete ghiacciata di tremila metri . A quattrocento metri lineari dalla vetta ci sono dodici metri di scalata con corda , lo Hillary Step . Si aspetta il proprio turno . Fermi , sfiniti , semicongelati e con l’incubo di dover rinunciare perchè è tardi e stanno arrivando nuvole . Nel 1996 morirono in nove , buona parte Guide esperte e Sherpa , per aver forse sottovalutato il ritardo e una tormenta in arrivo .
Poi si arriva in cima . Non c’è più niente da scalare , niente di più in alto . Il sogno si può toccare . Ma non si esulta , non si gode . Si resta qualche minuto , si scatta qualche foto . Semplicemente non si riesce a trovare l’energia mentale per concentrarsi sul significato di quel momento . Ci si scuote solo al pensiero che si è solamente a metà del viaggio , e che la parte restante sarà lunga e rischiosa .
Racconta Reinhold Messner , salito senza bombole di ossigeno , che se l’ascesa finale è accompagnata da allucinazioni e vuoti mentali , durante la discesa subentra uno stato di spossatezza mentale e di indifferenza verso di sè da desiderare solo di sedersi e non fare nulla . La morte per sfinimento , come quella per congelamento , è una morte piacevole .
( Consiglio di leggere “Aria sottile” , di Jon Krakauer )"
"Andare sull’Everest , in teoria , sarebbe una lunghissima passeggiata con dodici metri di arrampicata non difficile , quasi alla fine . Se non fosse che a 8848 metri , è già doloroso stare seduti a respirare .
La natura lassù è immensa , terribilmente dura e completamente indifferente .
Dopo i 7600 metri inizia la cosiddetta “zona della morte” , perchè chiunque , anche il più esperto scalatore , può morire per un qualsiasi evento . Un edema cerebrale o polmonare , una caduta , una frana di ghiaccio e pietre , un improvviso cambio del tempo .
Si dice che scalare l’Everest è innanzitutto una questione di resistenza al dolore . Al campo base (5300mt) si arriva già stremati , tormentati dal mal di testa e dalla tosse . Si dorme poco e male , si mangia poco e si vomita spesso . La pelle si screpola e sanguina . Ogni movimento costa enorme sforzo . E non si è ancora incominciato , perchè la vetta è lassù , 3500 metri sopra la tua tenda .
L’Everest o Sagarmatha (Dea del Cielo) è una montagna imponente e scura fra il sud della Cina e il Nepal . L’assenza di difficoltà tecniche nella salita fa sì che negli ultimi 30 anni circa 4000 persone siano salite in vetta . Però 300 non sono tornate . Buona parte sono rimaste là , in vista , monumenti di se stessi . Salendo , già dai 6000 metri si passa accanto a corpi pietrificati dal gelo , a volte interi , che per esplicita volontà dei parenti vengono lasciati sulla montagna . E in ogni caso , riportare un corpo a valle è un impegno gravoso e rischioso .
Per salire sull’Everest ci vogliono due mesi e 70mila dollari . Tanto si deve a una delle varie organizzazioni alle quali ci si affida . Il Capo spedizione è sempre uno scalatore esperto e carismatico che ha potere e responsabilità totali . Può persino succedere che a pochi metri dalla vetta dia ordine di tornare indietro . Esagerazione ? No . Lassù , pur con l’Ossigeno , ogni passo richiede una sosta , e il tempo è sempre terribilmente poco . Se non si raggiunge la vetta entro mezzogiorno o al massimo l’una , si rischia durante la discesa di incappare in una delle frequenti tormente pomeridiane ad una quota troppo esposta . Significa trovarsi in mezzo ad una tempesta con vento a oltre 100 Kmh , temperature a meno 30 , visibilità azzerata e un frastuono come avere un treno sopra la testa . Con il rischio di perdere il sentiero e i compagni e precipitare giù da strapiombi di 3000 metri . La quasi totalità delle tragedie succedono durante la discesa .
Gli Sherpa sono le figure più importanti . Indigeni amanti della loro dura terra , pagati 2-3000 Dollari per due mesi in un paese dove il reddito medio è 200 Dollari l’anno . Gli Sherpa scalatori , l’elite , accompagnano in vetta i clienti , spesso portandoli di peso , spesso salvandoli dalla morte . Spesso lasciandoci la pelle . Gli Sherpa portatori si caricano sulle spalle pesi enormi e li portano in alto , senza ossigeno , allestendo i campi , sistemando le corde , portando le bombole di Ossigeno per le Guide e i clienti .
L’avventura inizia all’aeroporto di Kathmandu . Una volta , da lì si marciava per 60 giorni . Ora c’è un elicottero che porta a Lukla (2860mt) , nel territorio del ghiacciaio del Khumbu , una immensa distesa di ghiaccio e rocce . Territori poverissimi , senza strade , senza coltivazioni , senza niente , dove l’avvento del Turismo sull’Everest ha portato un rigagnolo di benessere e un fiume di danno ecologico .
Da Lukla al Campo Base (5300mt) si cammina lentamente per una settimana fra boschi e paesaggi incantevoli , pernottando in locande spartane , sporche , spesso tanto affollate da rendere ben presto impraticabili le poche latrine esterne . La legna è scarsa e preziosa e l’unica stufa centrale viene alimentata con sterco essiccato di yak . Ma l’ossigeno è già troppo scarso per fare una buona fiamma , e il freddo , unitamente alla scarsa igiene personale accompagneranno tutti i giorni a venire .
Il periodo migliore per tentare l’ascesa è l’inizio di Maggio , prima dei monsoni .
Il Campo Base è una distesa di tende saldamente ancorate al suolo . Intorno , muri di roccia e distese di rifiuti e bombole vuote . C’è una tenda per l’assistenza sanitaria e una per le comunicazioni .
Sopra il Campo Base ci sono quattro campi . L’ultimo è a 7900mt . Al Campo Base si trascorre un mese per acclimatarsi , con escursioni ai campi superiori per abituare l’organismo . Non ci si allena , si cerca solo di abituarsi . Dopo , al Campo 4 , ci saranno solo due o tre giorni per aspettare la giornata ideale per tentare l’ascesa finale . Dopo , l’organismo si deteriora in modo irreversibile e bisogna scendere .
Dal Campo Base al Campo 1 si attraversa un mare di cubetti di ghiaccio grandi come case , aiutandosi con corde e scalette di alluminio precedentemente sistemate . Il rischio di cadere in un crepaccio o di rimanere sotto qualche tonnellata di ghiaccio è presente . Si cammina svelti , sperando che non succeda . Si marcia all’alba , quando la temperatura è rigida e il ghiaccio solido , ma lo schiocco del ghiaccio che si rompe tutto intorno e sotto i piedi mette paura .
Per arrivare al Campo 2 si attraversa la morena del Cwm . E’ in lieve pendenza e quando batte il sole fa addirittura caldo . Il buonumore svanisce alla vista dei primi cadaveri sul percorso .
Per arrivare al Campo 3 (7300mt) si sale in diagonale per una parete inclinata di ghiaccio , con l’aiuto delle corde . Se il tempo non è buono si torna indietro più velocemente possibile . Vento , freddo e mal di montagna ora sono pericoli mortali . L’edema cerebrale è un pericolo concreto . Insorge silenziosamente , senza preavviso . Le facoltà mentali e motorie si deteriorano rapidamente . Si sbagliano i movimenti come un ubriaco . Non si riesce a pensare nè a parlare . Si va in coma . Se qualcuno non ti trascina giù in basso rapidamente , muori e diventi un’altra delle tante statue congelate vestite con colori sgargianti che hai fatto finta di non vedere , salendo .
Al Campo 4 la via si fa stretta e tutte le spedizioni si affollano per salire , nell’unico periodo dell’anno possibile . Si formano ingorghi di persone come in città . Nei punti difficili spesso bisogna aspettare anche mezz’ora prima di poter salire . A volte qualcuno si blocca a metà , sfinito e con la mente annebbiata . Se uno Sherpa è vicino , lo cinge e lo tira su di peso . Le Guide e gli Sherpa potrebbero salire anche senza bombole ma in tale caso non avrebbero energie sufficienti per soccorrere i clienti in difficoltà .
Ogni bombola pesa tre chili e dura 6 ore . Se ne usano due per salire e una per la discesa . Respirare dentro la maschera è soffocante . Senza , è impossibile .
L’ascesa finale inizia a mezzanotte o anche prima . Si sale al buio , con la lampada frontale . Novecento metri in verticale da fare entro 12 – 15 ore . Se a mezzogiorno non si inizia la discesa , il rischio di incidenti è elevato , e alle sei del pomeriggio il buio è totale .
Si sale per una sottile cresta innevata , con ai lati due ripidi precipizi . Quello a destra è una parete ghiacciata di tremila metri . A quattrocento metri lineari dalla vetta ci sono dodici metri di scalata con corda , lo Hillary Step . Si aspetta il proprio turno . Fermi , sfiniti , semicongelati e con l’incubo di dover rinunciare perchè è tardi e stanno arrivando nuvole . Nel 1996 morirono in nove , buona parte Guide esperte e Sherpa , per aver forse sottovalutato il ritardo e una tormenta in arrivo .
Poi si arriva in cima . Non c’è più niente da scalare , niente di più in alto . Il sogno si può toccare . Ma non si esulta , non si gode . Si resta qualche minuto , si scatta qualche foto . Semplicemente non si riesce a trovare l’energia mentale per concentrarsi sul significato di quel momento . Ci si scuote solo al pensiero che si è solamente a metà del viaggio , e che la parte restante sarà lunga e rischiosa .
Racconta Reinhold Messner , salito senza bombole di ossigeno , che se l’ascesa finale è accompagnata da allucinazioni e vuoti mentali , durante la discesa subentra uno stato di spossatezza mentale e di indifferenza verso di sè da desiderare solo di sedersi e non fare nulla . La morte per sfinimento , come quella per congelamento , è una morte piacevole .
( Consiglio di leggere “Aria sottile” , di Jon Krakauer )"